Villa Bosniaski

Villa del polacco Bosniaski sul Castellare di San Giuliano Terme

Sigismondo De Bosniascki veniva dalla Polonia e quando giunse in Italia, nel 1873, dove decise di stabilirsi, non esitò a scegliere San Giuliano essendosi innamorato del roccioso ed impervio Monte Castellare, aprendo all’istante con quel luogo selvaggio un segreto e misterioso dialogo.
Ritiratosi nella sua villa, fatta costruire appositamente sullo sprone del Castellare, intese così immergere il suo spirito, il suo pensiero filantropico, in una perfetta armonia tra natura e paesaggio, creandovi un mondo tutto suo. Sigismondo De Bosniaski
In questa terra arida, profumata di ginestre e di altri aromi, De Bosniascki visse i suoi affetti, svolse i suoi affari quotidiani, coltivò le sue passioni ed i suoi interessi di ricercatore, di uomo di cultura e di scienziato.
De Bosniascky mostrò interesse per i fossili che riordinò scrupolosamente e custodì nei locali del seminterrato della villa.
Qui fece costruire appositamente mobili per contenere i numerosi reperti, e tavoli dove esaminare i campioni. Un museo privato, aperto a pochi amici e studiosi, da considerarsi comunque una sorta di luogo sacro, un reliquiario.
L‘intensa attività di studioso, di ricercatore, di promotore scientifico aveva portato il De Bosniascki ad incontrare illustri professori dell’Ateneo pisano, come il veneto Giuseppe Meneghini, professore di geologia e mineralogia, con il quale strinse una sincera amicizia.
Studiosi e ricercatori lo spinsero ad intensificare i contatti col mondo accademico e a partecipare a riunioni, congressi ed assemblee ottenendo lusinghieri incoraggiamenti che lo indussero alla divulgazione delle sue ricerche.
In occasione del Congresso Geologico del 1885, svoltosi a Lucca, De Bosniascki colse l’occasione per esporre al pubblico, nei locali del Casino delle Terme di San Giuliano, la sua cospicua collezione paleontologica attirando l’interesse del mondo scientifico e di numerosi curiosi visitatori locali.
De Bosniascki è deceduto nel 1921 e la sua ricca collezione paleontologica, lasciata in eredità ai suoi amici, i fratelli Antonini, fu venduta all’Università di Pisa.
Della bella villa non è rimasto che lo scheletro, come il rudere del Castellare, ad indicare l’impietoso scorrere del tempo che tutto cancella.
Una delle finalità dell’Area Protetta del monte Castellare è anche quello di farlo rivivere.

Villa Belvedere

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Di seguito pubblico un post ripreso da Facebook di Samuele Giachetti
Condivido con voi l’intervista del giornalista pisano Mario Razzi a Sigismondo De Bosniaski nel 1915 per il Giornale il Ponte. Quadro interessante di un mondo oramai lontano:

“Alla Villa del Castellare del Cav. De Bosniaski sono stato l’altro giorno, come ad un pellegrinaggio devoto e piacevole, in cima dell’aprico Castellare sul monte di S. Giuliano, a porgere di persona ad un vecchio e caro ed illustre amico, al nobil cav. Dott. Sigismondo Grzymala de Bosniaski, il saluto dell’ antica ed affettuosa amicizia.  Altre volte ero salito, o solo od in compagnia di amici, su fino all’ eremo grazioso, ricinto di muri, contornato di alberi, di fiori e di pomi, ed inghirlandato della più squisita ospitalità, quando vi si trovava, come una fata gentile, la signora contessa De Bosuiaski, la poetessa delicata ed austera che aveva dato il fiore dei suoi canti più puri alla Polonia, l’autrice acclamata di numerosi drammi storici dei quali aveva arricchito col celebre pseudonimo di “Juliana Moers Z. Poradowa” la già doviziosa letteratura polacca. Oggi, della cara, pia e colta Signora, non rimane sul monte che il ricordo. Essa è scomparsa, alcuni anni or sono, ed ha lasciato intatto sul suo monte ed intorno agli amici che la ammirarono, il profumo delle sue virtù. Ma la ospitale accoglienza non è intiepidita; ed io sentii, pur l’altro giorno, vibrare intorno a me le dolci effusioni di un tempo: e tutte erano un inno del grande poggio salutante ed un evviva del magnifico ospite nobilissimo.
    Al cav. De Bosniaski, indisposto nei tristi mesi di questo perfido inverno, avevo promesso
da tempo col cuore memore la mia visita affettuosa: sciolsi la promessa, ascesi alla villa, ed in un’ora di conversazione amichevole rievocammo i più lontani ed i più recenti e fiammanti ricordi dell’Italia, della Polonia, di Pisa e del monte Sangiulianese.
Nell’ anno 1872 il mio illustre amico, indirizzato dai tredici della sua terra –  la Polonia –
in Sicilia, a ristorarvi la mal ferma salute, (egli aveva riportato una ferita in guerra, e sentiva l’organismo infiacchito dai gravi disagi), si fermò nella nostra città, a rendere qui omaggio in nome delle scienze naturali di cui egli è un ardente e dotto cultore, allo scienziato che fu il principe della geologia di tutto il mondo, a Giuseppe Meneghini del nostro glorirso Ateneo.
    Oltre che col Meneghini Egli strinse poi amicizia con “un altro grande geologo ed uomo di
Stato, con Quintino Sella che gli prodigò attenzioni e cure colla maggiore simpatia  e lo presentò
e racconiandò agli scienziati più insigni di quel tempo. E chiudo la breve parentesi.
    Fu proprio il Meneghini che suggerì al cav. Bosniaski di recarsi ai Bagni di San Giuliano; e li, fra un bagno e l’altro, Egli senti ringagliardirsi le forze, compì escursioni dilettevoli sui monti, si interessò alle bellezze dei poggi seducenti, nè studiò la struttura e se ne invaghì tanto che dimise ogni pensiero di trasferirsi nell’ isola accesa di sole e fragrante di aranci; scrisse subito alla diletta consorte di raggiungerlo alle Terme di S. Giuliano, e dopo che Essa fu arrivata, udì dalla bocca di Lei così entusiasticamente riconfermato l’incanto del leggiadro soggiorno, che vi stabilì la sua dimora, comprò una villa nel paese e provvide dopo due o tre anni, alla edificazione di una palazzina su al Castellare. E ve la edificò. È la palazzina graziosa e civettuola, che dall’ultimo sprone del monte pisano manda saluti ed auguri a chi da Pisa va a San Giuliano per il bellissimo viale così adorno e lieto di ombre nella stagione estiva.
    Nel corso del tempo – ed è questa la gloria del cav. Bosniaski – il monte così arido e brullo, ravvivato dalla signorilità della sua casa, fu tutto quanto ricostituito agrariamente dalla sua instancabile e sapiente attività: i vigneti, i castagni e gli olivi vi furono con alacre ed assidua cura ed in grande copia coltivati; più in alto, intorno alla casa, provvista di ogni comodità, furono incanalate le acque, disposti abbondanti pometi e con semplice gaiezza attivati sontuosi giardini.
    Ma l’opera lunga e tenace che io ridico in poche righe, richiese invece tempo non breve e fatiche non affrettate. E chi potè vedere in quel tempo il cav. Bosniaski intento ai lavori di ricostituzione agraria ed edilizia del suo bel monte, fra le prove meditate della sapiente cultura, in
mezzo alla schiera dei lavoratori che correvano a bussare alla sua porta, e furono tutti sempre
accolti dal buon cuore di Lui e dalla cortesia veramente materna della sua ottima Signora: e
poté assistere al prodigioso rinnovamento che faceva sopra le pietre scaturire si fecondo germoglio dagli scassi larghi e copiosi, dai concimi ben distribuiti e dalla accurata assegnazione delle piantagioni e delle semente: non risparmiò certo il suo plauso sincero ad una iniziativa si felicemente compiuta.
    A dir la verità, il plauso è stato soltanto del popolo. I grandi possidenti, i grandi proprietari
dei monti, non sono stati spinti mai da alcun fremito di mutazione; essi han lasciato i loro possessi, salvo poche, anzi pochissime eccezioni, nella incuria più miserevole; e dove non permane lo squallore, non fiorisce punto per essi un segno qualsiasi di rinnovazione rimuneratrice e feconda.
Il cav. Bosniaski
ha dato un cospicuo esempio di operosità agraria; e pochi sanno che egli ha conseguito dal Comizio Agrario di Pisa la grande medaglia d’oro come premio della sua ammirevole passione alla olivicultura; perchè Egli è fatto così come i nostri uomini maggiori, come i suoi insigni fratelli di Polonia: sapiente e modesto.
    La conversazione nella piccola cameretta, inondata del tepido sole annunziatore della primavera, si era fatta animata nel riandare i sanguigni episodi dell’ora presente. Ed il fiero ed arguto ospite, cui si accendevano più scintillanti gli occhi sulla bella faccia aperta, mi risvelò il suo antico amore per l’Italia.
Aprimi ‘l core e ci vedrai
inciso per entro: «Italia» .
Così parve mi dicesse il polacco come il poeta italo – inglese Roberto Browning.
    Fuori, la villa sfolgorava nello stupendo trionfo di solitudine: una solitudine tranquilla, allettatrice. Come un gran ciuffo di alberi le faceva cappello, ed erano i cedri del Libano, le araucarie, le palme ed i pini; su dalle aiuole si alzava il profumo acuto dei giacinti, ed intorno ai prati ed ai campi era tutta una fiorita olezzante di viole; rivisitai i due Musei, geologico e botanico, che lo studioso con paziente sollecitudine ha messo insieme lassù, sulla dolce altura; ammirai dalla splendida terrazza la valle di Asciano e la valle del Serchio, due tersi panorami inebrianti; poi in un salotto ed in un altro mi indugiai a ringiovanire le memorie della tradizionale ospitalità già negli anni famosa e decantata per le gioiose ore che avevano passato nella ricca villa del Castellare, comitive di scienziati e di escursionisti; e dopo una affettuosa stretta di mano mi congedai dal cav. Bosniaski lasciandogli sulla porta come congedo questo duplice augurio: e della salute al più presto da Lui ricuperabile intera, e della fortuna della sua patria che tutti gli italiani anelavano al più presto ricostituita libera e forte. La  mazurka di Dombrowski deve ritornare fra poco a squillare «l’avanti » per la libertà della grande Polonia!”

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