Rupecava

Eremo di Rupe Cava, chiamato anche Lupo Cavo, gia Santa Maria ad Martires.

Attirati da una vasta rupe calcarea posta fra il monte l'edicola nella grottaMaggiore e il monte Romagna, e dagli anfranti che essa offriva, degli eremiti, in epoca medievale, elessero questo luogo a loro dimora e ritiro, vi costruirono quindi un complesso monastico costituito da una serie di strutture tali da assicurare una normale vita da religiosi, le celle per i monaci, locali di servizio, magazzini ed una chiesa a navata unica dedicata a Santa Maria ad martyres che fu consacrata nel 1214 dal vescovo di Lucca. L’eremo ebbe il suo massimo splendore del periodo dal 1200 al 1400, poi pian piano andò in decadenza fino a che fu ufficialmente abbandonato nel 1750, anche se fino alla metà dell’ottocento è stato abitato da un eremita.

 

In quest’eremo secondo la tradizione avrebbe soggiornato Sant’Agostino di Ippona nel suo viaggio di ritorno in africa dopo la sua conversione, il quale, da come si tramanda, si ritirò nella grotta maggiore o “della goccia” per scrivere una delle sue maggiori opere, il “De Trinitate”. All’interno della chiesa restano alcune ombre degli affreschi risalenti al XVII sec. che raccontano pittoricamente dell’episodio, celebrando tra l’altro S. Agostino come il fondatore dell’eremo. altare di rupecavaDa tale episodio si è diffusa e tramandata nella cultura orale, di una goccia che scende dalla volta della grotta, alla quale la credenza popolare ha attribuito poteri miracolosi e curativi, cosa che ha fatto divenire la grotta, nei secoli, meta di pellegrinaggio, e che portò a erigere al suo interno un edicola in stile barocco, contenente alcune statuine in terracotta, rappresentanti la Vergine con il bambin Gesù, San Agostino e Santa Monica, non più presenti in loco dal 1977.

 

In tempi meno remoti si è aggiunta un’altra leggenda, profondamente legata all’eremo, come riportato in questo estratto:

Il 14 agosto del 1846, all’una del pomeriggio, un terremoto di grandi proporzioni scosse l’intera Valdiserchio, radendo al suolo interi paesi e facendo numerose vittime. Anche la tentativi di restauro della chiesa di rupecavapiccola e antica pieve romanica di Ripafratta fu gravemente lesionata. In questo scenario catastrofico, Ripafratta non contò neppure una vittima. Tutti i suoi abitanti, dal primo all’ultimo, erano miracolosamente indenni; come protetti “dal manto” benevolo e materno della madonna di Rupecava, che dall’alto del suo eremo aveva vegliato sui suoi figli. In segno di devozione, la gente di Ripafratta fece voto di salire in processione, ogni anno il 14 agosto, al santuario, per poi ridiscendere a valle cantando il “Te Deum” di ringraziamento all’una (ora del terremoto). Tradizione che si è perpetuata a lungo e che è ripresa negli ultimi anni dopo una interruzione.

Negli anni settanta del secolo appena passato sono stati eseguiti alcuni restauri dell’eremo, ma i continui atti vandalici con effetti devastanti per la struttura, hanno fatto ritenere infattibile un positivo intervento di recupero, che avrebbe potuto riportare almeno in parte all’antico splendore questo luogo di grande fascino e testimone di un epoca dei Monti Pisani d’importanza storica e religiosa.