Il naturalista Antonio Cocchi nella descrizione che da dei Monti Pisani, nell’anno 1750, fra l’altro dice “La sommità del Monte… è distinta in varie ripide cime di differente altezza, vestite per lo più nel suo vertice di pini selvatici.
Le due pendici settentrionale e meridionale formano scendendo molti elevati colli e sinuose valli coperte di selva di querce e di castagni e di molti e vari arboscelli e più in basso ove la loro inclinazione è più soave sono amene e coltivate colline massime d’abbondanti e famosi uliveti“
La variabilità del paesaggio vegetale che, ad un esame attento, si rileva anche oggi nell’ osservare i Monti Pisani è il frutto del connubio fra il lungo svolgersi degli eventi naturali con una plurisecolare azione umana. Questi due fattori hanno consentito lo sviluppo e la permanenza dell’attuale vegetazione che ospita un insieme floristico ricco e spesso di pregio. Le fitocenosi (insieme di piante che vivono in un ambiente ben determinato, in cui i singoli individui si influenzano reciprocamente) più largamente rappresentate, che quindi caratterizzano il paesaggio vegetale dei luoghi, sono anzitutto le pinete ed i castagneti; sono questi boschi oggi del tutto artificiali ed impiantati di volta in volta in relazione alle economie locali; il castagno eminentemente per la produzione dei semi commestibili, il pino per quella del legname. Frequentemente compaiono anche i robinieti, parimenti costituiti per la produzione del legname.
Non mancano comunque comunità vegetali dove la matrice naturale appare ancora abbastanza evidente; sono i carpiteti, i boschi misti di querce caducifoglie, le leccete e le sugherete con le loro diverse forme di degradazione quali le macchie e le garighe.
Non è questa la sede per illustrare nel dettaglio la flora di queste montagne ricca di oltre mille specie, senza contare i muschi, i funghi e le alghe. Credo pero interessànte evidenziare – tramite alcune esemplificazioni sia di carattere vegetazionale che floristico – come il territorio in oggetto, sia ricco di molte peculiarità tali da renderlo di grande valenza naturalistica.
Oltre alle fitocenosi più appariscenti e diffuse che, come precedentemente ricordato, si concretizzano nei diversi boschi di caducifoglie o di sempreverdi e nelle loro forme derivate, se ne trovano alcune (nascoste e di modestissime dimensioni) che rivestono però una valenza biogeografica eccezionale; ma prima di esemplificare quanto detto con casi concreti, credo utile fare alcune premesse. Innanzi tutto è da dire che la flora, e conseguentemente la vegetazione, sono espressione in primo luogo del clima che caratterizza il territorio in cui si ritrovano e questo, durante gli ultimi milioni di anni della storia della Terra, in Europa come molte altre parti del globo è notevolmente mutato. Da situazioni ad alta termofilia, presenti nel nostro continente ancora durante le ultime fasi del Terziario, si è passati nel Quaternario a climi temperati alternati a lunghi periodi molto freddi, noti con il termine di glaciazioni. Conseguentemente a fiore di tipo caldo si sono sostituite (e poi alternate a più riprese) fiore di tipo temperato e freddo. È appena il caso di ricordare che durante l’ultima fase della glaciazione wurmiana (circa 18.000 anni da oggi), sulla costa della Toscana settentrionale (dove ora sorge la città di Viareggio) si estendeva un’ampia foresta di tipo boreale con presenza di abeti, pini di montagna, faggi ed altre specie tipiche di climi freddi.
Attualmente le nostre regioni sono caratterizzate da climi temperati che esprimono i tipi di vegetazione ad essi legati; ciò nondimeno in alcuni territori (posti in zone particolari) sono sopravvissute tracce (se pur minime) sia di fiore che di comunità vegetali largamente rappresentate in precedenza.
Sui Monti Pisani un caso esemplificativo è rappresentato dalle sfagnete; esse costituiscono ecosistemi particolarmente complessi tipici delle regioni a clima continentale, oggi largamente diffusi nell’Europa centrale. Queste comunità vegetali sono state in passato presenti anche nel nostro territorio, legate alle foreste boreali precedentemente ricordate. Esse, strettamente condizionate dalla presenza di acqua, si ritrovano sempre su substrati silicei ed ospitano quelle specie microterme rare e relitte che le rendono caratteristiche.
Gli sfagni appunto (Sphagnum sp. pl.), la rosolida (Drosera rotundifolia), la rincospora bianca (Rynchospora alba), la mettimborsa (Genziana pneumonanthe). Non solo ma, per particolari stratificazioni microclimatiche, convivono qui anche specie termofile come la felce florida (Osmunda regalis) ed atlantiche, quali la brasca a foglie di poligono (Potamogeton polygonifolius) ed un’altra specie di rosolida (Drosera intermedia).
Nei boschetti freschi ed ombrosi prospicienti le sfagnete spesso compaiono anche l’anemone delle faggete (Anemone nemorosa), il dente di cane (Erytronium dens-canis), la scilla autunnale (Scilla autumnalis) ecc.; queste stesse specie si ritrovano poi presenti anche nei più estesi boschi di caducifoglie.
Gli sfagni sono muschi ad esigenze acidofile qui rappresentati da numerose specie, tutte a distribuzione prevalentemente centroeuropea od atlantica; le nicchie toscane sono le più meridionali del loro areale.
Le rosolide sono presenti con due specie, delle tre che crescono in Italia, quella a foglie rotonde (Drosera rotundifolia) e quella a foglie spatolate (Drosera intermedia); la prima è considerata un relitto microtermo glaciale mentre l’altra è da interpretarsi come un relitto atlantico. Entrambi vivono nelle torbiere acide ed oltre che sui Monti Pisani sono state ritrovate, in Toscana, al laghetto di Sibolla (presso Altopascio) sulle Cerbaie ed al lago di Massaciuccoli, dove però manca la seconda (Drosera intermedia).
Anche la rincospora (Rhyncospora alba) è una specie delle terre settentrionali; presenta, nella nostra regione, una distribuzione simile a quella delle specie precedenti nonché la medesima ecologia e significato fitogeografico.
Di particolare interesse è infine la mettimborsa (Gentiana pneumonanthe), una genziana dei prati torbosi che nell’Italia continentale è presente sulle Alpi e, nella penisola, localizzata con certezza oggi (oltre che sui Monti Pisani) solo sulle vicine colline delle Cerbaie: quindi è specie rarissima e per questo inserita nel “Libro rosso delle piante d’Italia”.
La felce florida (Osmunda regalis), tipica delle stazioni umide planiziali e collinari, è specie di antica origine presente in Europa già nel Terziario, conseguentemente da intendersi come relitto termofilo. Un’altra specie che pur non essendo legata alle sfagnete, ha il medesimo significato biogeografico, è la periploca (Periploca graeca), recentemente rinvenuta nella Valle delle fonti, in comune di San Giuliano. Si tratta di una liana il cui areale principale si identifica con la regione del Mar Nero, e che ha sulle coste toscane le sue stazioni più occidentali.
Pure la brasca a foglie di poligono (Potamogeton polygonifolius) è specie assai rara e presenta distribuzione molto frammentata; può essere interpetrata come relitto atlantico similmente alla già mensionata rosolida dalle foglie spatolate.
Anche i rilievi a substrato calcareo hanno però una loro ricca flora che evidenzia la presenza di specie assai interessanti. Per la termofilia dei luoghi qui crescono numerose sclerofille mediterranee: le filliree (Phyllirea angustifolia, P. latifolia), il lentisco (Pistacia lentiscus), il terebinto (Pistacia terebinthus), il mirto (Myrtus communis), l’alaterno (Rhamnus alalhernus), ecc. Nelle stazioni più ombrose, sotto i lecci (Quercus ilex) compaiono i ciclamini (Cyclamen repandum).
Le garighe poi ospitano entità singolari sia per la loro rarità che per la loro morfologia. Nell’ambito delle felci, ad esempio, si ritrovano le lingue di serpe (Ophioglossum vulgatum, O. lusitanicum); specie ad organizzazione primitiva, sono provviste di una piccola fronda biforcata (una parte è deputata alla fotosintesi, ed una alla produzione di spore) che ha fatto nascere nella fantasia popolare l’idea della lingua di un serpente.
Numerose sono anche le orchidée (Ophrys speculum, O. tyrrena. Serapias neglecta, Orchis laxiflora, O. morio, O. simia, ecc.), le euforbiacee (Euphorbia characias. E. spinosa, E. esigua, ecc.), le labiate (Satureia montana, Micromeria graeca. Theucryum polium, Calamintha nepeta, ecc.), le crocifere (Biscutella levigata, Iberis umbellata. ecc.).
Sulle pietraie più assolate compaiono anche l’iris (Iris chamaeiris), la ruta (Ruta chalepensis), la bocca di leone (Antirrhinum latifolium) ed il ciliegio canino Wrunus mahaleb) specie poco frequente che nella nostra regione presenta una distribuzione sporadica.
Questi cenni sulle presenze floristiche e le tipologie fitocenotiche dei Monti Pisani. se pur brevi, permettono di mettere in evidenza l’estrema ricchezza di specie vegetali coesistenti nel territorio in esame che ben consente una valutazione positiva degli ecosistemi presenti.
La costituzione di Aree Naturali Protette di Interesse Locale (ANPIL) rappresenta quindi lo strumento primo per una salvaguardia valida ed intelligente delle aree a maggiore valenza ambientale, necessaria premessa per una fruizione più ampia e più integrata di tutto il territorio dei Monti Pisani.