Se si guarda la posizione topografica del monte ci si accorge subito che la sua posizione e la sua conformazione le forniscono una sorta di vocazione strategica per il controllo del territorio circostante e delle principali vie di comunicazione.
Si tratta, infatti, di una delle cime minori (268 metri s.l.m.) dei contrafforti del Monte Pisano più avanzati verso la pianura, da cui è possibile avere una visione panoramica dell’intero litorale pisano e del lato sud occidentale dei monti; da essa inoltre è possibile vedere anche la piana di Lucca attraverso la valle di Santa Maria del Giudice, immediatamente ai suoi piedi sul lato nord.
Il Monte Castellare domina l’antica strada che attraverso il passo di Dante ed il passo Croce congiungeva, nel modo più diretto, Pisa con Lucca e quindi con la Garfagnana e i valichi dell’Appennino.
Per quanto detto e proprio per la sua posizione privilegiata, la cima del monte è stata interessata dalla presenza umana fin dalle epoche più antiche. Proprio sulla vetta, dunque, sono in corso da alcuni anni degli scavi archeologici che hanno lo scopo di indagare le antiche strutture presenti, comprenderne la funzione e ricostruire la sequenza degli eventi storici che hanno interessato il luogo.
Nell’estate del 1988 un’indagine archeologica più approfondita fu decisa da Adriano Maggiani, professore d’Antichità Italiche all’Università di Venezia, il quale si è sempre avvalso dell’opera continua dei volontari del Gruppo Archeologico Pisano. Essi non soltanto hanno finora svolto le operazioni di scavo e di documentazione delle stratigrafie e dei reperti durante le campagne estive, (durante le quali il Gruppo Archeologico Pisano, con il supporto logistico del Comune di San Giuliano Terme, nel periodo estivo, organizza un Campo Archeologico a cui partecipano soci dei G.A.I. (Gruppi Archeologici d’Italia) provenienti da tutta Italia e dall’estero) ma soprattutto hanno effettuato in questi anni una costante e capillare opera di divulgazione nei confronti della popolazione del comune di San Giuliano Terme, affinché i risultati della ricerca non rimanessero confinati nell’ambito puramente scientifico ma entrassero a far parte del patrimonio culturale della comunità locale.
Proprio grazie a questo impegno, che ha creato passione ed interesse attorno a questo bene culturale, l’area archeologica del Monte Castellare è ora diventata, di fatto, il primo parco archeologico visitabile del territorio pisano.
Il Monte Castellare: una Fortezza, un Santuario
Lo scavo archeologico iniziato nel 1988 è stato portato avanti per quasi un ventennio con interventi sistematici con la partecipazione costante dei gruppi archeologici di Pisa e Vecchiano e sono state diretti in parte dalla Soprintendenza per i beni archeologici della Toscana e in Parte dall’Università di Venezia.
Le più antiche fasi di occupazione della collina
Dalla presenza di pochissimi oggetti, rinvenuti per lo più negli strati profondi o a contatto con la roccia, si può affermare con certezza che la vetta del monte fu frequentata già in epoca protostorica, ovvero tra il X e gli inizi del VII secolo a.C. circa. Tra questi reperti si trovano alcuni caratteristici oggetti in bronzo come la capocchia di uno spillone, una rotella raggiata e due spilloni a “rotolo” che si datano a partire dall’età del bronzo finale (XI – X secolo)
La fortezza etrusca
Pisa, nel V secolo, organizza un sistema di fortezze ai confini della pianura verso i Monti Pisani per il controllo sul basso corso del Serchio e dell’Arno e sui percorsi di terra tra la piana lucchese e quella pisana. La funzione militare del sito sembra assicurata dalla poderosa muraglia che dall’inizio del V secolo a.C. doveva cingere il pianoro sommitale della collina. All’interno sorgeva almeno un edificio con il tetto displuviato coperto da laterizi. La presenza di una guarnigione è suggerita anche dal ritrovamento di numerose punte di freccia in bronzo.
Il santuario etrusco
Sulla cima del monte e accertata l’esistenza di un luogo di culto, il cui periodo di massima fioritura coincide con il V e forse il IV sec.a.C. I caratteri epigrafici delle molte iscrizioni votive presenti su frammenti di vasi sono la prova che il luogo fu frequentato da persone provenienti da località anche assai distanti. Tra i nomi più prestigiosi, si segnalano i Tarnas, membri di una ricca famiglia di Vulci. Tra gli oggetti lasciati come offerta votiva vi è un singolare gruppo di quattro punte di freccia in osso, rinvenute tutte insieme presso il lato orientale delle mura e due cuspidi realizzate con una sottile lamina metallica.
Gli oggetti della vita quotidiana
Sul sito sono stati raccolti molti resti di vasellame da mensa o da cucina di produzione locale, realizzati con argilla e scaglie di scisto. Sull’orlo di molti doli e olle sono impressi contrassegni non alfabetici, numerali o circolari. È attestato, inoltre, un bacino di impasti chiari sabbiosi, usato per macinare, importato dall’Etruria meridionale. Alla mensa erano destinate le tipiche produzioni pisane di età tardo arcaica in ceramica depurata a pasta chiara e a pasta grigia (piattelli, coppe, brocche e stamnoi) e anche preziosi vasi dipinti a figure rosse importati dalla Grecia.
Le anfore da trasporto
I frammenti di anfore documentano l’ampiezza geografica degli approvvigionamenti e del consumo dei vini. Accanto alle anfore che trasportavano vini Etruschi si contano esemplari della costa settentrionale del Mar Egeo e della Grecia orientale, dall’Italia meridionale, dalla zona di Marsiglia e anfore provenienti dalla costa catalana.
Dal periodo Etrusco all’età moderna. Il castello medievale
Il sito si inserisce in quel processo di trasformazione che portò, fra il VI e il XI secolo, allo spostamento degli insediamenti della pianura ai luoghi fortificati d’altura. Dopo la rovina dell’ insediamento etrusco, fino all’alto medioevo, la vetta del monte rimane in completo stato di abbandono. Anche se il suo inizio è ancora incerto sulla vetta furono costruite forse, fra l’VIII e il IX secolo, alcune capanne di materiale deperibile (legno terra e paglia) che lasciarono sul terreno numerose tracce di buche di Palo. Intorno al X secolo fu edificato un muro di cinta con grosse pietre irregolari e malta, preceduto da azioni di livellamento del terreno. A questo periodo è riconducibile anche una larga buca piena di calce rinvenuta all’esterno delle mura e forse qualche buca di palo lungo il muro stesso. Unità abitative e locali di servizio furono edificati con le pareti costituite da un basamento di pietre irregolari legate da terra e piccoli sassi, l’alzato probabilmente in legno e tetti di lastre di scisto. Forse dopo una distruzione vi fu un riuso parziale delle strutture con la ricostruzione di due piccoli ambienti nella zona nord-est del castello. Questa fase è databile alla metà del XI sec. d.C. dalla presenza di denari d’argento coniati a Lucca. Dalla fine del XI secolo d.C. la vetta del monte non fu più frequentata fino alla fine del secondo conflitto mondiale, quando le milizie della Repubblica di Salò ne fecero una postazione di avvistamento.
I reperti medievali
Sul pavimento la terra battuta nell’ambiente L3 fu trovata la pietra sottana di una macina a piatti rotanti. Questo ritrovamento testimonia la funzione del castello come centro di raccolta e lavorazione delle derrate agricole prodotte nelle campagne circostanti. Nella stanza B fu scoperta appena sotto il piano di calpestìo, la sepoltura di un neonato di età compresa fra i 4 e i 6 mesi contenuta in una cassetta costituita da alcune lastre litiche le analisi compiute sui reperti ossei non hanno rilevato tracce evidenti di patologie i materiali raccolti sono in prevalenza resti di vasellame destinati al consumo e alla cottura dei cibi si tratta in genere di boccali con orlo trilobato e che prodotti sia con argilla grossolana sia fine e sia depurata e di ceramiche da fuoco ai impasto grossolano olea corpo globulare a fondo piano molte delle quali con il corpo troncoconico i contenitori più antichi Sono rari frammentati a vetrina pesante a macchia e boccali dipinti rosso a bande strette in un caso insieme a una decorazione a linee con andamento a zig zag inciso a crudo fra i reperti vi sono anche fuseruole punteruoli in osso coltelli in ferro o affilatoi armi per la caccia proiettili da fionda
La scoperta si deve al Gruppo Archeologico Pisano che nel 1976 raccolse sul posto alcuni frammenti ceramici e laterizi d’epoca etrusca e confermata da Marcello Cosci che individuò attraverso la fotointerpretazione la presenza di una potente cinta muraria. Per una più completa informazione riguardo lo scavo, e le scoperte scaturenti da esso, Gruppo Archeologico Pisano : http://www.comune.pisa.it/gr-archeologico/gap/csgg.htm