Da secoli la cittadinanza pisana conviveva con problemi causati dalla mancanza in città di acqua corrente e buona e da quella presente, spesso malsana, prelevata dall’Arno o per lo più da pozzi, alcuni dei quali con il tempo tendevano anche a divenire ad acqua salmastra, tutto ciò portava malattie, deperimenti fisici, ed epidemie. Era anche cosa nota e risaputa che dai Monti Pisani e in particolar modo dalle sorgenti di Asciano, sgorgasse un’ottima acqua pura e salubre, fatto che fece pensare a Cosimo I dei Medici di portare dette acque fino in città tramite un poco costoso e di non difficile costruzione acquedotto sotterraneo partendo direttamente dalle sorgenti, purtroppo tale opera non arrivò a soddisfare le aspettative e fu presto abbandonata. Nel 1588 il Granduca Ferdinando I volle continuare negli intenti di suo padre Cosimo I, optando però per una soluzione antica quanto funzionale, la condotta sovraelevata su archi, già usata più volte dai romani nei loro acquedotti. Nelle nostre zone esempio di ciò sono i resti dell’acquedotto a Caldaccoli di San Giuliano Terme che portava acqua alle terme Pisane dell’epoca, i Bagni di Nerone.
Per la direzione dei lavori fu incaricato l’architetto Raffaello Zanobi di Pagno, il quale dopo avere iniziato i lavori dapprima con studi approfonditi, ed averne poi intrapreso la costruzione delle fondazioni, nel 1593 fu costretto a lasciarne i lavori a causa di problemi di salute. Conseguentemente a ciò i lavori furono affidati al di lui nipote, l’ingegnere Andrea Sandrini che portò a conclusione l’opera nel 1613, dopo alcune modifiche per ovviare a delle errate pendenze che non facevano arrivare l’acqua a Pisa, con conseguenti ristagni nella condotta. L’opera ebbe un costo notevole, si dice più di 16.000 ducati, e fu finanziata principalmente con i proventi derivanti dalle tasse sul sale, dalla vendita del legname dei pini, nonche imposte e provvigioni varie. L’opera completa, riferendosi non solo alla condotta sugli archi, ma anche ai sistemi di convogliamento idrico, si basa su una serie di bottini di presa e di raccolta, sparsi per la valle delle fonti, i quali tramite condotte sotterranee fanno confluire l’acqua raccolta fino al cisternone, edificio con al suo interno una grande vasca dove veniva raccolta e fatta ulteriormente decantare, da qui il fontaniere regolava con una saracinesca la quantità d’acqua da incanalare verso l’acquedotto e le sue fonti.
La condotta sovraelevata inizia dal bottino di S. Rocco e con più di 900 archi, una lunghezza di 6 km, ed un’altezza che non supera i 7 mt. arriva a Pisa, passando da alcuni bottini per il controllo del flusso, come quello integrato in una civile abitazione (presumibilmente un tempo casa del controllore o supervisore intermedio al flusso) lungo la pista ciclabile a metà strada fra Asciano e Pisa, poi quello di cui se ne possono vedere i resti al passaggio dell’acquedotto su via di pratale, ai piedi del quale esiste ancora la piccola “Fontina” rimasta in funzione fino alla metà degli anni ’70 del secolo appena passato e dalla quale prende appunto il nome il limitrofo quartiere, arrivando al bottino sul fosso del mulino, già fosso macinante (visibile in via Battelli), quindi in piazza delle Gondole, da qui tramite tubature sotterranee l’acqua veniva distribuita in città attraverso le varie fonti, citando alcune loro localizzazioni: p.zza delle Gondole, p.zza d’Ancona, p.zza Martiri della Libertà, p.zza s. Anna in un secondo tempo si aggiunsero le fontane alla Cittadella, in p.zza Vettovaglie, p.zza della Berlina, p.zza del Duomo e p.zza Mazzini. Le condutture arrivarono a servire fontane anche nella parte della città a sud dell’Arno. Un ente destinatario in forma esclusiva della fornitura idrica tramite una condotta detta “della religione” era l’ordine dei Cavalieri di Santo Stefano, come anche è presumibile che fosse servita in forma esclusiva la Primaziale del Duomo. Dalla iniziale, sembra, comproprietà dell’opera fra i Medici e l’ordine di S. Stefano, si passò nel 1626 alla cessione all’ufficio fiumi e fossi che si occupò oltrechè della vendita dell’acqua, delle opere manutentive necessarie al mantenimento della costruzione e della sua funzionalità. Dobbiamo aspettare sino al 1780 per avere, con delibera del Granduca Pietro Leopoldo, un divieto di taglio piante, dell’aumentare le aree coltivate, e altre restrizioni ancora relative tutte a tutelare l’intero sistema di presa della Valle delle Fonti. Con il crescere della città si andò progressivamente verso l’insufficenza della sua fornitura idrica, ma nonostante che nel 1925 fu attivato l’acquedotto di Filettole (il quale fu bombardato durante la 2°guerra mondiale e si tornò perciò ad usufruire temporaneamente dell’antico acquedotto), ancora oggi diverse fonti in città e dintorni sono servite dall’acqua d’Asciano, anche se l’acqua è portata fino ad esse non più tramite la condotta sovraelevata originale, ma da delle moderne tubazioni. Adesso l’acquedotto è caratterizzato da alcune interruzioni in più punti, principalmente dovute alla necessità nei tempi passati della costruzione di strade intersecanti il suo tracciato, e a parte un recupero del bottino in via Battelli (restaurato grazie all’interessamento dell’ITIS “L. da Vinci”) e alla riqualificazione della zona ai piedi del tratto attraversante il quartiere Don Bosco-via di Pratale, non ha subito recentemente nessun intervento di recupero o manutenzione. Molto probabilmente nei prossimi anni verrà interessato nuovamente da un attraversamento stradale, per fortuna passante al di sotto di esso, per la costruzione della variante aurelia nord, cosa che secondo alcune associazioni di cittadini ed enti naturalistici ne minerebbe ulteriormente la stabilità. Un fatto comunque molto positivo, è che adesso partendo a piedi o in bicicletta dai giardini davanti il carcere Don Bosco e seguendone il percorso possiamo arrivare direttamente ad Asciano percorrendo la pista ciclabile che corre ai suoi piedi, con una lunghezza di poco meno di 5 km costituisce una pregevole realtà testimoniata dalla presenza giornaliera di una più o meno folta schiera di podisti, ciclisti, e amanti delle passeggiate a seconda della stagione.