Un villaggio che garantiva con i mezzi naturali la lavorazione dei prodotti cerealicoli tanto da sostenere addirittura una città, per i Pisani non poteva essere lasciato in mano alla confinante Repubblica di Lucca, né essere abbandonato alle continue rappresaglie da parte di questa, ma doveva essere protetto e difeso più di ogni altro. Si costituì, pertanto, un apparato difensivo imperniato su dei castelli che nel tempo risultarono due. Il primo, più antico, fu collocato in un sito a mezza costa del monte, protetto da balze naturali insuperabili, ad eccezione del versante Est che si presentava piuttosto vulnerabile. Questo fu subito munito di una chiesa monastica dedicata a San Michele Arcangelo, dal suo fondatore, un longobardo convertito al cristianesimo. Il modesto arroccamento, nonostante le rudimentali difese adottate particolarmente sul versante orientale, Sopperì per qualche tempo alle necessità di difesa. Ma quando gli animi s’inasprirono e le battaglie si fecero più cruente, il castello mostrò tutti i suoi limiti. Venne così pensato di effettuare lo sbanchinamento della vetta del colle per recuperare un’area sufficientemente ampia per la costruzione di un nuovo castello che contenesse case per gli armigeri, abitazioni per la popolazione civile, e perfino una chiesa con il suo cimitero. Insomma, un cassero atto a difendere una piccola comunità che potesse rimanere anche in tempi di pace. Nacque in tal modo un’ampia superficie detta poi “la Piana di San Fabiano”, su cui fu costruito il nuovo castello a quota 120.8 m. sul livello del mare, con un imponente mastio, con la sua chiesa dedicata ai Santi Fabiano e Sebastiano, il cimitero attiguo e tutti gli annessi militari della fortezza. Del cassero sono rimaste vestigie lungo la nuova strada Panoramica, dove oggi si trova la palazzina di proprietà del signor Paolini, e dalla parte opposta della stradina dei Molini. Sulla piana si notano ancora oggi i resti del mastio, mentre, sul versante Ovest, tra il sito inferiore e quello superiore, si possono osservare parte del muro di cinta in pietra che si salda con una scarpata naturale. Tra il sito superiore e quello inferiore, si erge a sentinella un modesto baluardo. Il cassero inferiore, cioè la primitiva fortificazione, era dotato di altri baluardi disposti uno sull’altro nel digradare del monte, strutture che nei secoli, sono state trasformate in abitazioni. I due castelli, ormai integratisi, avevano una serie di antiporte che, nelcaso di capitolazione di uno dei due, permetteva all’altro una strenua resistenza.La porta di accesso del primitivo castello inferiore, cioè di quello situato a mezza costa, era stretta tra due baluardi posti ai lati. Appena oltrepassata, all’interno, un porticato, oggi inglobato in un edificio, doveva servire per recuperare l’acqua piovana da convogliare in una cisterna dove veniva conservata nel caso di lunga serrata del cassero. Il castello, come accennato in precedenza, vide l’interessamento del Comune di Pisa quando il Capitano del Popolo convinse gli Anziani a costruire una torre di difesa, come di fatto avvenne nel 1286, per garantire ulteriore sicurezza nel momento in cui le improvvise incursioni delle armate lucchesi avrebbero avanzato dalla piccola vallata di Ciapino. D’altronde, quel versante Nord-Est era l’unico punto vulnerabile dell’imponente sbarramento. La torre s’era resa necessaria perché le due torrette di guardia poste ai lati della cortina, (di quella collocata ad Est restano ancor oggi tracce sulla piana), all’epoca dislocate sottostrada, non permettevano l’avvistamento delle armate nemiche perché troppo basse. Inoltre, le torrette non garantivano più un’adeguata funzione di difesa perché l’antica struttura, nel tempo, s’era resa precaria e, la loro posizione (particolarmente quella di sinistra a strapiombo sul borro), escludeva ogni possibile intervento di rafforzamento e di sopraelevazione. La costruzione di una torre elevata che dominava il territorio fu determinante per migliorare le difese del castello al punto che, quando Uguccione della Faggiola si trovò contro i Pisani e li vinse, volle che si abbattesse subito, assieme a tutto il castello. La torre fu di fatto distrutta mentre il castello fu demolito solo parzialmente. A smembrarlo ci pensarono nei secoli gli abitanti che Impiegarono le pietre nella costruzione di terrazzamenti e persino case, a conferma dell’imponenza della costruzione, andata del tutto perduta. Il castello di Quosa occupa una pagina di storia tra le due Repubbliche quando venne deputato come sede di trattativa per stipulare un accordo di pace, nel 1313. La trattativa, come sappiamo, non ebbe seguito a causa dell’ironica risposta di uno degli ambasciatori lucchesi che provocò, al contrario, l’inasprimento e la ripresa delle ostilità.
Nonostante tutto, il borgo continuò a costituire un’ambita conquista perfino da parte dai Fiorentini. Giovanni Sercambi, cronista di Paolo Guinigi, signore di Lucca, illustrò ilcastello nelle sue Croniche del XV secolo, rappresentando in forma di miniatura la torre che il Capitano del Popolo di Pisa volle costruirvi.
Testi e foto, riadattati sono tratti dal volume : Molina di Quosa e la sua storia (con breve appendice storica di Colognole e Patrignone) di Mario Noferi, edito dalla casa editrice Editgrafica Orsini – cooperativa Coccapani – Pisa.